mercoledì 4 dicembre 2019

Più forte di ogni addio. Enrico Galiano


"Scrivere è come fare i mosaici” così rivela Enrico Galiano, professore definito da Massimo Gramellini “in stile Attimo Fuggente”, nonché autore del libro intitolato “Più forte di ogni addio”, Garzanti Editore. Perché si hanno dinnanzi tante tessere minuscole che vengono spostate e manovrate in modo tale da non essere più in grado di riconoscere il punto di partenza, a comprendere il reale dalla fantasia. Districarsi nel labirinto del libro senza rivelare dettagli clou è complicato. Il testo propone l’incontro tra le fragilità di due ragazzi: Michele e Nina. “Il giorno in cui scopri di essere felice è anche il giorno in cui scopri quanto sei fragile” dichiara l’autore nel testo. La fragilità di Michele è probabilmente la sua disabilità. Lui è cieco, non vedente. Perché infatti identificare qualcuno per le proprie mancanze, invece che per i propri desideri? - si chiede il protagonista e l’autore con lui. Spesso più che vedere però per i ragazzi è importante “farsi vedere”, specie sui social, ma non solo. Questo perché come dichiarava Freud e afferma tutt’oggi il professore universitario Umberto Galimberti, docente di Galiano “non esiste identità senza riconoscimento”. Nina invece è una ragazza orchidea, le persone orchidee possiedono secondo uno studio dell’Università della California, una particolare sensibilità che le porta a sentire di più. Se crescono però in un ambiente socio-emotivo negativo possono sfociare nelle dipendenze, o istinti suicidi. Se invece crescono in un ambiente positivo divengono anche più forti e realizzate degli altri. Alle orchidee si contrappongono i soffioni, fiori capaci di crescere anche nelle asperità, che “cadono sempre in piedi”. Nei libri di Enrico Galiano la letteratura si intreccia alla scienza in un gioco forza particolare. I personaggi dei libri di Galiano vengono da lui considerati figli, pertanto sono autonomi e ragionano in maniera indipendente. Proprio questa infatti è per l’autore una delle richieste degli adolescenti: lasciateci sbagliare! Perché infatti considerare l’errore come un fallimento e non come fonte di conoscenza, soprattutto di sè e lo sbaglio come qualcosa di cui fregiarsi? Spesso rivela lo scrittore gli adulti sono propensi a definire i giovani come annoiati, demotivati, irrispettosi, invece per lui sono anche meglio di tanti adulti, possiedono un ribollire di passioni che permettono loro di contrapporsi alle “passioni tristi” di cui parla Galimberti.
L’unica via che si può loro indicare è quella della motivazione per stimolare la conoscenza, in quanto “i ragazzi ci spingono a chiudere il libro e aprirci al mondo”. Forse è proprio questo l’intento di Galiano con questo libro

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